Il processo di mutilazione dell’albero della vita pone a rischio la stessa soppravivenza dell’uomo
Quello che stiamo attualmente vivendo è un vero e proprio fenomeno di estinzione di massa di vertebrali. E tutto questo deve essere imputato all’eccessiva crescita di una singola specie: l’homo sapiens. A causa delle pressioni umane sull’ambiente, della distruzione dell’habitat, della crisi climatica e del commercio illegale di specie selvatiche, un numero impressionante di animali sono letteralmente scomparsi dalla faccia della Terra.
Una situazione di grave allarme emerge dallo studio pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), da Gerardo Ceballos, ricercatore presso l’Università nazionale autonoma del Messico(1) e Paul Ehrlich, professore dell’Università di Stanford(2) negli Stati Uniti.
Estinzione di genere
Fino ad ora la nostra preoccupazione, come quella degli scienziati, era essenzialmente rivolta all’estinzione di singole specie. Pensiamo alla tigre di Giava o allo stambecco dei Pirenei, solo per citarne alcuni dei “casi” più noti, saliti agli onori della cronaca. Lo studio pubblicato nei giorni scorsi su PNAS, invece, lancia un’allarme ben più preoccupante. A partire dal 1500 a oggi si sono estinti settantatré generi di vertebrati terrestri. Un dato che si rivela ben più grave di quanto fino a ora valutato. Vale a dire che a scomparire non sono solo le singole specie, quelli che potremmo indicare come i ramoscelli dell’albero della vita, ma ad essere stati tagliati sono i rami stessi. Ossia i generi: la categoria superiore che ragguppa le specie contraddistinte da caratteristiche comuni. Certo non bisogna essere eccessivamente allarmisti ma appare chiaro che la scomparsa di un genere presenta aspetti ben più gravi per l’ecosistema. Cosa significa “estinzione di un genere”? Semplificando grossolanamente, per dare un’idea della portata di quanto avvenuto o potrebbe accadere, è come se si fossero estinti non solo il Lupo grigio o il Caberù, ma fossero spariti dalla faccia della Terra tutte le specie appartenenti al genere Canis: ossia cani, lupi sciacalli, coyoote, dingo, e via dicendo.
In definitiva, l’estinzione provocata dall’uomo sta letteralmente mutilando l’albero della vita. Ma non solo, il dato ancor più sconcertante è legato al fatto che questo fenomeno sta rapidamente accelerando, per cui allo stato attuale il tasso a cui i generi dei vertebrati stanno scomparendo supera di 35 volte quello dell’ultimo milione di anni.
Biodiversità minacciata
«Per quanto drammatici siano i risultati, è importante ricordare che abbiamo ancora tempo. La finestra di opportunità si sta chiudendo rapidamente. C’è speranza, ma dobbiamo agire rapidamente.» Ha affermato il professor Ceballos in un’intervista rilasciata al Guardian.
Secondo quanto riportato nell’articolo di Ceballos e Ehrlich, l’analisi mostra che a partire dal 1500 si sono estinti 73 generi tra mammiferi, uccelli, rettili e anfibi. «I generi sono scomparsi in tutte le classi di vertebrati. La maggior parte delle estinzioni registrate si sono verificate negli uccelli, seguiti da mammiferi, anfibi e poi rettili». Tra questi figurano gli uccelli elefanti del Madagascar e i moa della Nuova Zelanda, i lemuri del Madagascar e il moho di Hawaii. Sebbene i dati siano scarsi, per i due studiosi la maggior parte delle perdite generiche si sono verificate negli ultimi due secoli.
«Tale mutilazione dell’albero della vita e la conseguente perdita di servizi ecosistemici forniti dalla biodiversità all’umanità – concludono Ceballos e Ehrlich – è una seria minaccia alla stabilità della civiltà. Sforzi politici, economici e sociali immediati, di una scala senza precedenti, sono essenziali se vogliamo prevenire queste estinzioni e il loro impatto sociale.»
(1) Departamento de Ecologia de la Biodiversidad, Instituto de Ecologia, Universidad Nacional Autonoma de Mexico, Tercer Circuito Exterior SN, C.U., 04510 Ciudad de Mexico, Mexico
(2) Department of Biology, Center for Conservation Biology, Stanford University, Stanford, CA 94305
(3) Di Smokeybjb – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7342053